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Recensioni

Leonardo Ciccarelli nasce a Macerata, pittore affermato in Italia, dove ha seguito le orme dei suoi maestri Vincenzo Monti e Umberto Peschi, ma anche a livello internazionale, figurando le sue opere in collezioni straniere in Giappone, negli Stati Uniti, in Francia.
Pittore appassionato, sensibile, devoto al credo della “bella pittura”.
E’ un fedele seguace di un’arte ispirata ancora alla purezza della natura, lontana cioè dalle bruttezze e dagli orrori che, soprattutto dal secondo dopoguerra, ne hanno rappresentato i soggetti più favoriti.
Egli è amante del creato, lo dimostra anche nelle sue esperienze di vita tra le quali figura la scalata del Conero senza alcuna attrezzatura tecnica.
E’ proprio la stessa natura che diventerà protagonista indiscussa dei suoi quadri, senza chela presenza umana la declassi a ruolo marginale.
Dipinti con raffigurazioni silenziose, placide, calme, eppure così briose.
Le sue tele sono un trionfo di gioia, di spiritualità materializzata, che ha perso i propri connotati mistici nell’oggettualità.
E’ un connubio, quello che davanti allo spettatore si svela, di energia materica e forza comunicativa.
Nell’opera “Memorie” il celeste e il bianco si uniscono, si sposano, si completano vicendevolmente, pur rimanendo separati. Sono macchie di densità materica separata, che si abbracciano senza fondersi.
Forse ad essere qui evocato è il ricordo di quelle mattine d’estate in cui il mare sembra unirsi al cielo, confondendosi in una pasta di colore azzurro intenso o forse, invece, è solo il cielo quello raffigurato dall’artista; un cielo tuttavia non perfettamente amalgamato ma scandagliato con la forza della riconoscibilità illusoria.
L’opera ricorda per alcuni versi i pittori Nabis, quei seguaci di Gaugain, che, stando all’etimologia ebraica del nome, si sentivano dei profeti (questo è il significato del nome dato da uno di loro all’intero gruppo) e come tale agivano sempre in bilico tra un credo religioso e pagano della natura.
Dal punto di vista metodologico Leonardo Ciccarelli può essere paragonato ai pittori divisionisti dell’ultima generazione dell’Ottocento, quella di Morbelli e di Segantini, in cui si privilegiava un paesaggio incantato, ricco di evocazioni sentimentali, di melodie armoniose, volto da indagare i misteri della natura.
I pittori divisionisti andavano dritti alle radici del linguaggio pittorico, scomponendone la prima lettera del suo alfabeto: il colore.
Questo metodo permetteva di rendere in modo più diretto e sincero gli aspetti più intimi, più profondi e umani legati al paesaggio, come la fantasia e il sogno.
E’ una pittura, quella di Leonardo Ciccarelli, meno scientifica del puntinismo e meno accademica della tradizionale pittura su tela, che vede come parte iniziale quella del disegno preparatorio; il nostro artista lascia, infatti, molto più spazio al caso e molto più terreno all’inconscio.
Energia primordiale quella che riesce a sprigionare, che, seppur mitigata dal candore dei colori usati, lascia tuttavia spazio ad un segno espressionista, carico di pathos e vibrazione, che si può in parte accostare al tratto emotivo più volte usato da Van Gogh.
Una frase detta da Van Gogh mi ha in qualche modo riportato alla mente il fare pittorico di Leonardo Ciccarelli, ossia: “L’arte è l’uomo aggiunto alla natura, natura, realtà, verità, ma con il significato, il concetto, il carattere che l’artista sa trarne, al quale dà espressione, qu’il dègage, che libera e interpreta”.
In quest’opera così serena, così gaia, è del tutto assente il buio, il cupo, la malinconia, la tristezza. E’ una pittura di luce, una pittura solare.
La perfetta riconoscibilità delle cose del mondo è eliminata per lasciare spazio ad una suggestione più intima, se non perfino metafisica, in cui a prendere corpo non sono le cose in sé ma la visione che il sognatore immortale, che alberga in ogni uomo, vorrebbe.
Le uniche regole che il nostro artista segue sono quelle dettate dal proprio istinto, ossia ciò che egli prova e percepisce come autentico.
C’è libertà nella pittura di Leonardo Ciccarelli, c’è poesia ed amore, non mera architettura o progettazione schematica, ma una letteratura delle emozioni.
Nella sua produzione il ritmo è gradevole, cadenzato, posato eppure vivace e vitale. E’, quella che viene messa in scena, una danza di colori, di suoni dolci, di rime baciate.
Probabilmente l’abilità che il nostro artista ha è quella di non camuffare, di non mascherare con strani artifici la natura.
E’ il colore a generare le forme, a renderle vive e presenti davanti ai nostri occhi.
E’ il colore, declinato nelle sue tinte essenziali a definire il visto e il vissuto.
Libertà cromatica, quella che l’artista mette in campo, che si avvicina ad una libertà di stile, ad una velocità che si avvalora dei colpi rapidi con cui è stesa la materia pittorica.
La sua arte, per la resa formale nel suo risultato finale, si avvicina alla tecnica usata dai pittori della FingerPaint, di cui Tayler Ramsey è un degno esponente; questi fanno uso delle dita per sentire il contatto con la pasta materica della pittura per stendere il colore, creando l’effetto di piccoli tocchi veloci e dinamici esattamente come è l’effetto creato da Leonardo Ciccarelli.
Leonardo Ciccarelli vola lungo la rotta che passa il confine tra il formale e l’informale dove non si capisce se è la forma a perdere consistenza o se l’informe ad assumere corporeità.
Siamo coinvolti, immersi, rapiti dalla luminosità dei colori, dal gioco rapido della mano che ha tratteggiato quelle linee e dato vita a quelle forme.
In questo quadro c’è realtà e fantasia, c’è concretezza, ma anche sogno, c’è il desiderio di un mondo migliore e la certezza che questo ideale sia oggi ancora possibile e realizzabile.

Federica Peligra – Catalogo della mostra “Esposizione Triennale di Arti Visive a Roma 2014” – Last Paradise – a cura di Daniele Radini Tedeschi (Editoriale Giorgio Mondadori)

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Il lirico Leonardo Ciccarelli ha come modello colto Nicholas de Stael, maestro francese, di origine russa. Esistono paesaggisti spesso in bilico tra la sperimentazione figurativa e quella informale. E’ questo il caso felice, appunto, di Ciccarelli, pittore di delicata tavolozza, che a differenza di de Stael vive il momento visivo con più certezze: è come se il suo delicato mondo cromatico rappresentato uscisse da una nebbia appena diradatasi e l’osservatore ricevesse messaggi sussurrati, pittoricamente vibranti, filtrati da una malinconia sognante.

Paolo Levi – Artisti e Opere: Emilia Romagna, Toscana e Marche – Cataloghi d’Arte Contemporanea – Giorgio Mondadori Editore

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Leonardo Ciccarelli. Dal colore al divino

Nell’afflato della pittura Leonardo Ciccarelli crea suggestivi scenari interiori in dissolvenza, utilizzando il colore come emblema lirico della percezione visiva.
Oblio e memoria dialogano in un efficace gioco semantico dell’immagine, portando in evidenza un luogo ideale, dove la luce si afferma come nobile protagonista della tela. L’universo dello spirito viene raccontato da Ciccarelli con sapienza pittorica e delicatezza esecutiva. L’equilibrio cromatico che ne deriva genera moti di stupore ed ammirazione nell’occhio dell’osservatore, il quale sarà catturato in un primo momento dall’effetto in dissolvenza della luce per poi soffermarsi sull’eleganza dello stile.
Il linguaggio pittorico di Ciccarelli si distingue per l’innata raffinatezza dell’esecuzione tecnica e per l’inedita apoteosi della luce. Tuttavia, ad attirare la nostra attenzione è la straordinaria intesa tra presenza e assenza, astrazione e realtà, tra accenni di raffigurazione ed estrema sintesi. L’essenzialità scenica rappresenta uno dei tratti distintivi dell’artista marchigiano, incline ad un dinamismo del segno.
Nell’immaginario creativo dell’artista l’universo possiede un’armoniosa bipartizione intrinseca: i temi dell’ignoto, del vuoto e dell’assenza scanditi da apici di luce convergerebbero nelle ipotesi ascetiche e nella presenza del divino.
L’intera pittura di Leonardo Ciccarelli appare costellata da un’eloquente atmosfera spirituale e dal lirismo cromatico, in grado di sconfinare verso nuovi orizzonti poetici laddove il silenzio dell’immagine riesce ad allontanare il petulante frastuono delle parole.

Sabrina Falzone – Critico e Storico dell’Arte